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martedì 6 settembre 2016

"EL QUE PERMANECE EN MÍ" Ju 15,4-5

3 commenti:

  1. S. FAUSTI “Rimanete in me” : è un imperativo : il Signore ci supplica di essere tralci uniti alla vite. Dimoriamo in Lui dimorando nel Suo Amore per noi , sorgente del nostro amore reciproco.
    Amare Gesù e fare la Sua Volontà è un atto di libertà nostra, che nessuno, neppure Dio, può fare al nostro posto.
    Noi siamo sempre in Lui perchè ci ama.
    Ma noi possiamo non amarci , impedendo che Lui sia in noi. Lui ci ama, comunque ; tutto dipende dalla nostra risposta. L'espressione richiama il discorso eucaristico di Cafarnao :
    ”Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me ed io in Lui”.
    (6,56). Il Suo amore per noi è la fonte del nostro dimorare in Lui : possiamo amarlo perchè Lui per primo ci ha amati.
    Si afferma ripetutamente , in negativo e in positivo, la necessità dell'unione con Lui : separati da Lui non si porta frutto, uniti a Lui si produce molto frutto.
    L'unione con Lui, non solo affettiva ma anche effettiva, è la possibilità stessa di una vita feconda.
    Corrisponde all'entusiastico “essere in Cristo” di Paolo, ritornello di tutte le sue lettere.
    La nostra azione scaturusce da ciò che siamo : uniti al Figlio siamo figli e possiamo portare frutti di amore fraterno.
    Soprattutto nell'azione apostolica , la nostra unione con il Signore è determinante.
    Se non Lo si conosce , si sbaglia nel fare il bene, se non Lo si ama, manca la forza di farlo.
    Qui Giovanni sta parlando della nostra “Vita nello Spirito”,
    indispensabile per glorificare e testimoniare al mondo l'Amore del Padre e del Figlio.
    L'unione con Gesù non è solo abbandono estatico, ma vita concreta, che porta i suoi stessi frutti.
    Mistica d'amore e mistica di servizio sono inseparabili.
    L'efficacia del servizio nasce dalla forza stessa dell'unione con Gesù.

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  2. Alleluia, alleluia.

    Rimanete nel mio amore, dice il Signore,
    chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto. (Gv 15,9b.5b)

    Alleluia.


    Vangelo
    Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto.

    Dal Vangelo secondo Giovanni
    Gv 15,1-8

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
    Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
    Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

    Parola del Signore.

    Parole del Santo Padre

    Gesù insiste sul verbo “rimanere”. Lo ripete ben sette volte nel brano evangelico odierno. Prima di lasciare questo mondo e andare al Padre, Gesù vuole rassicurare i suoi discepoli che possono continuare ad essere uniti a Lui. Dice: «Rimanete in me e io in voi». Questo rimanere non è un rimanere passivo, un “addormentarsi” nel Signore, lasciandosi cullare dalla vita. No, non è questo. Il rimanere in Lui, il rimanere in Gesù che Lui ci propone è un rimanere attivo, e anche reciproco. Perché? Perché i tralci senza la vite non possono fare nulla, hanno bisogno della linfa per crescere e per dare frutto; ma anche la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non spuntano sul tronco dell’albero. È un bisogno reciproco, è un rimanere reciproco per dare frutto. Noi rimaniamo in Gesù e Gesù rimane in noi. Prima di tutto noi abbiamo bisogno di Lui. Il Signore ci vuole dire che prima dell’osservanza dei suoi comandamenti, prima delle beatitudini, prima delle opere di misericordia, è necessario essere uniti a Lui, rimanere in Lui. Non possiamo essere buoni cristiani se non rimaniamo in Gesù. E invece con Lui possiamo tutto Con Lui possiamo tutto. (Regina Caeli, 2 maggio 2021)

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  3. BENEDETTO XVI – Gesù di Nazaret – la purificazione mira al frutto, ci dice il Signore. Qual è il frutto che egli attende? Guardiamo innanzitutto il frutto che Egli stesso ha portato col Suo morire e col Suo risorgere.
    Ricordiamoci che la parabola della vite sta nel contesto dell'Ultima Cena di Gesù.
    Dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù aveva parlato del vero Pane del cielo che Egli avrebbe donato, dando così una profonda interpretazione anticipata del Pane Eucaristico.
    E' difficile immaginare che , nel discorso della Vite, Egli non alluda tacitamente al Nuovo Vino, cui aveva già fatto riferimento a Cana e di cuio ra ci fa dono – il Vino derivato dalla Sua Passione, dal Suo Amore “sino alla fine” (Gv 13,1).
    Da questo punto di vista, la parabola della Vite ha senz'atro uno sfondo Eucaristico.
    Rimanda al frutto portato da Gesù : il Suo Amore che si dona sulla Croce , che è il Nuovo Vino pregiato destinato al banchetto nuziale di Dio con gli uomini.
    L'Eucaristia diviene così comprensibile in tutta la sua profondità e grandezza.
    Ci rimanda al frutto che noi, in quanto tralci, possiamo e dobbiamo portare con Cristo e in virtù di Cristo : il frutto che il Signore si aspetta da noi è l'amore – che , con Lui, accetta il mistero della croce e diventa partecipe alla Sua autodonazione – e così la vera giustizia che prepara il mondo in vista del regno di Dio. Il frutto e l'amore vanno insieme .
    Il vero frutto è l'amore che ha attraversato la croce e le purificazioni di Dio.
    Di tutto ciò fa parte il “rimanere”.

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